Il Fagiano: la nuova perla del Garda al Grand Hotel Fasano

Lo chef Maurizio Bufi stupisce anche i palati più esperti con accostamenti fuori dal coro

Il Grand Hotel Fasano

Quando ci si arriva è proprio come uno se l’aspetta: sontuoso, imponente. Appena varcata la soglia, l’idea chiara è quella di eleganza. Al di là delle vetrate, un colpo d’occhio sul Garda di una bellezza senza pari: basta attraversare quello che appare come un luminoso, grande salotto per raggiungere l’ampia terrazza dove anche chi non è ospite dell’albergo può accedere e godersi un notevole aperitivo con vista.

Qui, nel cuore del suo regno, va conosciuto uno dei personaggi storici del Grand Hotel Fasano: è Rama Redzepi, bartender di Pristina con una conoscenza enciclopedica sui gin e capace di far divertire il più scafato degli appassionati.

L’hotel nasce nel 1888 in un’area che tra le prime vede i nobili austriaci e tedeschi appassionarsi a un clima ideale per svernare e a paesaggi naturali magnifici: così questa sponda del Garda diventerà poi di moda nel periodo della Belle Époque e a poco meno di un chilometro da qui Gabriele d’Annunzio farà erigere il Vittoriale degli italiani dopo essere stato a lungo ospite dell’hotel. Oltre a lui premi Nobel, artisti come Gustav Klimt e tanti personaggi di alto rango.

Dopo il lungo periodo caratterizzato dai due conflitti mondiali il Fasano riaprirà nel 1948 per la stagione estiva. Nominato nel 1989 Patrimonio Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali, vede la famiglia Mayr alla terza generazione di gestione. Questo notevole cinque stelle lusso è piuttosto ben attrezzato anche sul fronte gastronomico con i suoi quattro ristoranti, due dei quali aperti al pubblico esterno: il Pescatore più informale, dove Pasquale Tozzi propone uno stile di cucina moderno, ricercato e ispirato alla mediterraneità, e il Fagiano affidato a Maurizio Bufi, pugliese di Molfetta che aveva portato la stella Michelin qualche chilometro più su a Villa Giulia.

Scelta nuova e indicativa di una certa (fondata) ambizione, quella della proprietà, di affidare a due cuochi differenti le cucine dei due principali punti di riferimento gastronomici.

 

IL FAGIANO

Bufi, classe 1977, fa i suoi primi passi sedicenne in Emilia, per lui “una terra dove si impara molto; arrivo da una famiglia dove la cultura della cucina non manca, con il ricordo dei profumi in casa e una nonna cuoca e ricercatrice di prodotto. Mia mamma era casalinga e mio papà lavorava sulle petroliere. Ci capitava di andarlo a trovare e così entravo nelle cucine: ero affascinato dal garzone che portava da mangiare all’equipaggio e aveva a disposizione queste cambuse enormi”.

A 20 anni Maurizio è a Villa Serbelloni, poi in un altro albergo sempre a Bellagio, un paio di esperienze su navi da crociera sebbene il padre lo avesse sconsigliato: “Ma io volevo vedere che mondo ci fosse, il fermento e i grandi numeri che poi mi sono serviti per l’organizzazione.” Lo troviamo ancora a St Moritz e a Gstaad al Rialto“ristorante italiano classico dove ho avuto la mia prima esperienza da chef”. Un paio d’anni lì e poi è la volta del Lefay sul Garda e ancora di Villa Giulia dove nel 2017, dopo quattro anni, arriva il premio della guida rossa. Il contesto, anche per quel che riguarda il Fagiano, è decisamente affascinante, sia che la cena venga consumata all’interno, nella calda sala dalle boiserie eleganti, sia sulla grande terrazza vista lago. Il servizio è affidato al bravissimo Nicola Filippello, maître di lungo corso, grande conoscitore del mondo enologico e dal sorriso che sa disarmare l’ospite più ostico.

Quando chiediamo a Maurizio Bufi di raccontarci la sua cucina, ci risponde: Diciamo che c’è stata una bella evoluzione, perché sono partito dalle materie prime che più conoscevo con il mio stile mediterraneo, senza tanti fronzoli e decorazioni, certo sempre con piatti ben presentati e centrati sul gusto. Negli anni ho avuto delle influenze, chiamiamole contaminazioni, dall’Oriente. Lì ci sono una bella cultura culinaria ma anche un pensiero profondo; perciò, mi piacerebbe continuare a evolvermi anche in quella direzione, mantenendo solide le mie origini. Nei miei piatti c’è una costante legata alla stagionalità, allargata non soltanto alle verdure ma anche a carni e pesci ed è un progetto che intendo portare avanti con costanza.

La sua cucina, in effetti, è una di quelle che non scende a compromessi: pur contestualizzata in un ambiente come un cinque stelle, è diretta, incisiva e soprattutto mantiene quel che promette dalle descrizioni nel menu. “Penso che la gente che si approccia al ristorante, che sia moderno oppure più classico, debba fare un’esperienza di gusto abbandonandosi alla proposta dello chef. Così non mi precludo di servire ad esempio il quinto quarto, perché per me è un insieme di ingredienti interessante. Poi vorrei far mangiare porzioni giuste e cercare anche di far passare una nottata serena”.

Gusto tanto e levità pure, quindi: “I nostri ospiti apprezzano la leggerezza e il contrasto nei piatti: se riescono a dirmi che sono riusciti a gustare tutto, per me è il massimo.

Il menu Alchimia, dei tre degustazione disponibili, è quello che spinge di più sui tasti dell’azzardo che – va detto – è sempre controllato da Bufi con maestria: “Non è per tutti, perché ci sono sapori di grande intensità, ma con la sala c’è una perfetta sintonia e si capisce a chi suggerirlo oppure chi è meglio venga dirottato su gusti più ‘abituali’”.

 

I PIATTI

Si parte subito forte con il buonissimo foie gras di rana pescatrice, nocciole e daikon. Abbattuto, viene marinato con Sauternes, sale, zuccheri, pepe, buccia di limone e arancia, successivamente cotto a bassa temperatura e poi ancora avvolto in un’alga giapponese. In abbinamento una purea di nocciole, salsa ponzu, un daikon marinato con aceto di miso e sale e un pandolce con all’interno fichi marinati nel Porto e Madeira.

Nel cuore di bue in Caesar salad e cuore di sedano verde, altro antipasto di notevole intensità, la frattaglia viene prima marinata con sale e zucchero per 12 ore e poi cotta a bassa temperatura con aromi e poi tagliata a carpaccio. Il vegetale viene cucinato anch’esso a bassa temperatura, quindi scottato con il cannello. A condire, una purea di sedano rapa e una salsa Caesar, con acciughe, aglio, Worcester e tabasco.

Si sale ancora con la ‘calamarata iodata’, una vera traduzione del mare nel piatto senza compromessi, in cui tartufi di mare, fasolari, canocchie, ricci, spugne di mare e capericce vengono abbinate a una pasta perfettamente al dente e condita con un’aria di ostriche e asparagi di mare.

Rigatoni con ricotta forte, peperone e agnello sono un grande piatto. È stupendamente incisiva e pungente la ricotta forte ‘squant’, sapore pugliese, preparata facendo fermentare una ricotta vaccina a temperatura ambiente per un mese: dopo aver rimescolato ogni tre giorni, viene frullata con acqua calda e sale: la crema che si forma viene ‘tagliata’ con ricotta vaccina per ammorbidirne gli spigoli.

Peperone rosso dolce e agnello, sotto forma di gustosi torcinelli o gnummareddi che altro non sono se non involtini di interiora (polmone, rene, intestino) avvolti in rete e rosolati nel burro nocciola. I secondi partono con una succulenta ventresca di tonno abbinata a una salsa al cocco con perle di wasabi e olio di nasturzio autoprodotto.

Non si scherza neppure con Wagyu, limoni di mare e cipollotto, con un gioco riuscito tra la grassezza della carne, la seducente amara sapidità del frutto di mare, servito crudo e in forma di maionese e la dolcezza della verdura sbollentata e marinata in miso bianco, sale e olio di oliva. Si chiude in (quasi) dolcezza con un dessert vegano, una lattuga marinata nel succo di passion fruit viene abbinata a un sorbetto all’avocado e al popcorn di mais caramellato. Andatelo a trovare, Maurizio Bufi, sarà impossibile pentirsi.

 

Di Marco Colognese

https://reportergourmet.com/269634/il-fagiano-la-perla-nascosta-del-garda-al-grand-hotel-fasano.html


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